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Prossima alle radici. L’umana archeologia di Anna Crescenzi

ARTE / INTERVISTE


Settembre è stato un mese in cui Sarno si è tinta di cultura e soprattutto di arte grazie alla rassegna Settembre Libri, giunta alla sua ottava edizione: una rinascita dopo la pandemia, simbolo della cultura che resiste a tutto.

Tra i tanti eventi ospitati dalla rassegna che hanno visto protagonisti, di volta in volta, scrittori, opere letterarie e tanto altro, oggi abbiamo il piacere di parlarvi della mostra dell’artista Anna Crescenzi, originaria proprio di Sarno.
“Prossima alle radici“, questo il titolo dell’ installazione che l’11 Settembre scorso è stata protagonista di una serata nella cornice dei giardini di Villa Lanzara. L’evento, presentato dalla nostra direttrice Viridiana Myriam Salerno, ha visto la partecipazione, in veste di relatori, del professor Michele Vitolo e del professor Michelangelo Giovinale (anche curatore dell’omonimo catalogo, Edizioni Gutenberg).

Abbiamo avuto il piacere di dialogare direttamente con l’artista e di parlare di questa mostra, di arte e di vita.

L’INTERVISTA


- Anna, vorrei partire con una tua definizione di Arte: questa parola gigantesca che, forse più di tante altre, continua ad evolversi nel corso degli anni e che, soprattutto, in realtà racchiude un significato personalissimo per ogni artista. Che cos’è per te l’Arte?
 

Penso che l’espressione artistica e in particolare quella visiva sia nata con l’uomo, originariamente per i primitivi aveva una valenza magica e ne sono testimonianza le pitture rupestri risalenti a tempi antichissimi. Credo che non abbia mai perso, nel tempo, questa sua caratteristica. Certo è cambiata la destinazione, nel medioevo, nel rinascimento, fino all’ottocento era a servizio del mecenatismo, in particolare della chiesa e dei potenti che la utilizzavano come mezzo di comunicazione per le masse analfabete. L’immagine ha un potere comunicativo potente, non ha bisogno di parole.
Ecco per me l’arte è la somma di tutto questo, credo che mi appartenga sia la dimensione magica, sia un desiderio di comunicazione, a se stessi prima di tutto e di seguito a chi voglia fruirne.


- Come e quando è cominciato il tuo percorso artistico?
 

Se si pensa all’attività di mostre ed eventi è iniziata negli anni ’70 se invece si intende quando ho capito che questa era la mia strada posso dire che è dall’infanzia quando ero certa che solo un’esperienza artistica poteva coinvolgermi. Mi sono nutrita della musica classica che mio padre e mio nonno ascoltavano e le cui note riempivano la casa. Allora volevo studiare il piano o diventare una ballerina. Poi ho cominciato a disegnare e non ho più smesso…

 

- Immagine ricorrente nelle tue opere è quello dello scavo, una simbologia di matrice archeologica che porta con sè anche l’idea che alcuni avvenimenti, tradizioni e addirittura persone diventino sedimento dentro noi stessi e nel nostro vissuto. C’è stato qualche avvenimento o qualche incontro in particolare che ti ha portato a sviluppare questa “poetica”?


Credo che questo aspetto del mio lavoro sia frutto dell’amore che ho sempre avuto per il luogo che mi ha visto crescere, per le sue contraddizioni e le sue bellezze, un’attrazione per il Vesuvio, montagna di fuoco, e per tutti gli eventi che ha generato. Pompei, Ercolano, Stabia sono intorno a noi e dagli scavi abbiamo preso contatto con la vita e l’arte che gli appartenevano. Anche la vita interiore è stratificata. Gli eventi e le sensazioni man mano si sovrappongono. La verità della nostra natura va scoperta al di la degli strati che di volta in volta si posizionano uno sull’altro e che lasciano solo intravedere l’essenza delle cose.

 

Le tue opere, nel corso degli anni, sono state protagoniste di un gran numero di installazioni in giro per la Campania e non solo. Questa tua ultima mostra dell’11 Settembre, “Prossima alle radici”, si è tenuta nel tuo paese, a Sarno. Puoi raccontarci di questo bellissimo omaggio fatto alla tua terra, di questo ritorno a casa?


Si, la prima ispirazione per questa mostra è del 2018 proprio per una suggestione nata nel bellissimo Museo Archeologico di Sarno e da una domanda che mi assillava: a cosa serve studiare la vita del passato? L’archeologia non può solo essere mettere in mostra oggetti e tombe ma deve servire a porci domande sul nostro presente e sul nostro futuro. Ho “visto” queste tre tele lunghe 3 metri e 30 sulle quali si sviluppa, come in uno stratificazione archeologica quello che eravamo e quello che potremo diventare. Si susseguono ossa, cocci e figure ispirate ai figli di Mater Matuta, la dea madre di Capua, che vanno verso l’alto.

L’installazione prende il titolo da una citazione di Nietzsche Filosofia dell’avvenire e si completa con un canopo (contenitore che nel passato custodiva le ceneri dei morti) sulla cui sommità è posizionata una testa umana con corna che non simboleggia il male ma la natura animale dell’uomo nel senso più nobile del termine. A questa installazione fa da contraltare la serie di sette disegni Antropocene nei quali si susseguono tutti i disastri causati dall’idea che la natura si possa dominare e imbrigliare.
Infine il trittico Resiliency. Tre piccole sculture, volti in relazione con un ramo che cambia colore per ognuna e una forma di uovo che simboleggia la nascita e la rinascita. Solo se ritroveremo la consapevolezza di essere noi stessi natura potremo forse rimediare alla deriva di questo nostro ambiente.

Infine, dopo la realizzazione delle opere, il lavoro fotografico di Antonio Caporaso & Iacopo Naddeo, Il contributo del giovane archeologo Michele Vitolo, e il lavoro del curatore Prof. Michelangelo Govinale che ha saputo coordinare e rendere al massimo il mio pensiero sia nella mostra che nel catalogo edito dalla Gutenberg di Baronissi.

Importante è stato il sostegno economico di due associazioni Nuova Officina e Branco Solidale che hanno contribuito alle spese del catalogo e del Comune di Sarno che ha messo a disposizione gli splendidi spazi di Villa Lanzara - De Balzo.

Parlando sempre di radici, in senso di appartenenza e tradizione, se ti chiedessi di scegliere una sola delle tue opere di questa mostra per definire il tuo sentimento verso la tua terra, quale mi indicheresti?


Questa mostra è un corpo unico, non si può estrapolarne un solo elemento, è nel suo insieme che confrontandosi col tema dell’ambiente diventa omaggio alla mia terra. In particolare c’è uno sei quadri del polittico “Antropocene”, questa immagine si riferisce chiaramente agli incendi che negli ultimi anni hanno devastato la collina che fa da sfondo al nostro paese, ma appunto gli alberi che in passato erano fitti e verdeggianti non possono essere solo uno sfondo, vanno curati e preservati. Le gocce arancio sono delle fiammelle di speranza.

Un altro dei temi centrali nella tua produzione è di sicuro quello della natura (“radice”, non a caso, ha un significato anche vegetale). Puoi parlarci della tua idea di coesistenza tra natura e umanità, magari anche utilizzando delle tue opere come riferimento?


Credo che si debba ritrovare quel sacro rispetto che animava le popolazioni antiche, non a caso molte divinità avevano origine da eventi naturali. Sicuramente era il mistero a generare questa devozione. La scienza è riuscita a spiegare molti degli eventi, ma ha anche generato la presunzione che la natura potesse essere dominata.
Fra le mie opere “Foglia di rame” del 2006 può rendere questa idea. E’ un busto acefalo sul cui torace si apre una specie di edicola votiva che custodisce una foglia di lamina di rame. E’ posizionata su una base che ha la forma di un altarino e nella sua parte più alta è inserita un’altra foglia che sembra voler prendere il volo…

 

Sempre partendo dalla mostra dell’11 Settembre ti chiedo: vale sempre la pena custodire le proprie radici o pensi che ci siano delle situazioni in cui, per andare avanti sia, in un certo senso, necessario estirparle?


Le radici sono sempre il punto fermo da cui partire, salde ci permettono di andare e non perderci… Se l’albero non avesse radici al primo colpo di vento cadrebbe invece è proprio questo ancoraggio forte che permette ai rami più alti e alle foglie di volteggiare nell’aria… Tante volte ho percorso nel centro storico di Sarno le stradine che portano al punto in cui la zona alta si affaccia su tutto l’agro sarnese nocerino con il vesuvio sullo sfondo. E’ una metafora del mio percorso artistico che ha le radici ben salde al proprio territorio ma che cerca sempre un’apertura verso una visione più ampia che colleghi l’infinitamente piccolo all’infinitamente grande.


Torniamo alla tua visione dell’Arte, il punto esatto da cui avevamo iniziato. Per chiudere il cerchio ti chiedo: tre parole che utilizzeresti per definire la tua arte.


Il mio lavoro artistico non è altro da me. E’ la somma di ciò che sono e ho costruito negli anni come persona… è riflessione, elaborazione, è perdermi nelle trame che vado a tracciare o nei vortici che crea la materia, perdermi per ritrovarmi come umana fra gli umani…

Ultima domanda: quali sono i tuoi progetti per il futuro?


Con il curatore Michelangelo Giovinale abbiamo in progetto un documentario che racconti il mio percorso artistico che stiamo elaborando e che verrà girato nei prossimi mesi. Il 25 di settembre si è presentato il catalogo della Collezione permanente del Palazzo delle Arti di Capodrise (Ce) nella quale è presente una mia opera. La collezione entrerà nel circuito dei Musei dello SCABEC ( società della Regione Campania per la valorizzazione del patrimonio culturale della regione). Inoltre la collaborazione con il collettivo artistico Se Dici Mani di cui faccio parte, cinque donne artiste che si ispirano a temi sociali realizzando installazioni, video e performance. E in ultimo, ma non per ultimo, il mio lavoro nello studio dove sto ultimando il progetto di una grande installazione.

 

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